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Progetto Arazzi, dalle Metamorfosi a Correggio

 

58. Minerva, polimaterico su tela dipinta, cm 100x100, 2018.
59. Minerva, polimaterico e olio su tela, cm 50x50, 2018 (bozzetto).
60. Desolazione di Arianna, polimaterico su tela, cm 100x100, 2018.
61. Desolazione di Arianna, polimaterico su tela, cm 50x50, 2018 (bozzetto).
62. Pomona, polimaterico su tela dipinta, cm 100x100, 2018.
63. Pomona, polimaterico su tela, cm 50x50, 2018 (bozzetto).
64. Giove e Callisto, polimaterico su tela dipinta, cm 100x100, 2018.
65. Giove e Callisto, polimaterico su tela, cm 50x50, 2018 (bozzetto).
66. Cefalo e Procri, polimaterico su tela dipinta, cm 100x100, 2018.
67. Cefalo e Procri, polimaterico, cm 50x50, 2018 (bozzetto).

 

Francesca Baboni

Come Ovidio racconta di trasformazioni magiche avvenute, così Grazia Badari racconta di trasformazioni interiorizzate che portano sovente al dramma e alla disperazione. I protagonisti antichi rivivono nella sue raffigurazioni – che hanno come materia base vari tipi di cenere, e tonalità diverse date da gesso e collante – assumendo connotati effettivamente contemporanei sia nel messaggio che nella raffigurazione.
La rigogliosità dei giardini degli arazzi fiamminghi e il tripudio di elementi visivi e descrittivi, vengono interamente spazzati via dalla sintesi stilistica e prepotente dell’autrice che riesce con pochi tocchi di stesura a spatola, a mano libera, a rendere un’atmosfera ben precisa, scarna, brutale, in cui predominano il grigio e il bianco cenerino.
Arianna privata dei suoi orpelli, diviene nell’opera di Grazia Badari una donna sola e abbandonata dall’amato Teseo. Anche la diffidente Pomona, sola e imponente nella rappresentazione gestuale e primaria dell’artista, diviene immagine-simbolo delle ragazze dei nostri giorni, spesso incapaci di amare, isolate nelle loro stanze virtuali e inavvicinabili. Di più facile lettura figurativa è Minerva, che con elmo in testa si avvicina spavalda alle Muse. Icona di superbia, nel voler sfidare le rappresentanti delle somme arti, e della volontà di superare il limite fisico e psicologico che porta nel mondo odierno all’estremo controllo dell’anoressia o della chirurgia estetica.
Il desiderio di Giove per Callisto è forse l’interpretazione più ermetica del mito da parte dell’artista, con un’opera che gioca sull’ambiguità sessuale e sul travestimento del dio in donna per concupire la ninfa.
Un’allusione non troppo dichiarata all’omosessualità femminile. Infine la gelosia tra Cefalo e Procri, tema molto dibattuto e profondamente attuale, che sfocia sovente nella piaga dei femminicidi. In questo caso si nota la freccia mortale che divide i due sposi, la disperazione di Cefalo dopo la morte accidentale della moglie e le rovine che simboleggiano le loro vite franate rovinosamente come quelle di tanti altri uomini e donne comuni.

Stefano Taddei

Gli arazzi del Museo di Correggio e Le Metamorfosi di Ovidio sono diventati lo spunto primigenio per una rielaborazione della dimensione sentimentale che arriva dall’antichità ma che ha ancora tanto da raccontarci nella nostra più stringente attualità. Il tradimento, l’incapacità d’amare,
la sfida, gli spasmi d’amore e la gelosia, interpretati da Grazia Badari, designano tragitti individuali per descrivere come le emozioni dipanano storie universalmente valide. La storia della nostra civiltà si mischia al mito ma non lascia perdere di confrontarsi con l’attualità. Questo pregio consistente di tali opere lascia una serie di atti che testimoniano come dietro la materialità sussista una primigenia volontà interiore. In tempi di emozioni quasi mai pensate, Grazia Badari pesca nella storia per dirci che il nostro giardino più intimo è quello che non smette mai di fiorire.

  

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